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"Allarme nella Spesa delle Pensioni!"

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Mutui e Prestiti


La recessione produrrà una gobba imprevista nell`andamento della spesa pensionistica italiana in rapporto al Pil che, tra il 2008 e il 2010, crescerà dell`1,1% in più (poco oltre il 15%) rispetto a quanto previsto un anno fa. È il dato contenuto nel 10° Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario della Ragioneria Generale dello Stato.

A fotografare lo scarto della curva, determinato esclusivamente dal netto peggioramento del prodotto interno determinato dalla crisi finanziaria internazionale, è la Ragioneria Generale dello Stato nel 10° Rapporto sulle tendenze di medio-lungo periodo del sistema pensionistico e socio-sanitario, pubblicato qualche giorno fa.
Le nuove stime sono basate su un`ipotesi di calo del Pil medio annuo dello 0,8% nel triennio 2008-2010, lo stesso scenario del Programma di stabilità che il Governo ha presentato lo scorso mese di febbraio a Bruxelles.
Ciò portrà ad una contrazione della domanda nei mutui e nei prestiti.

Una prospettiva ancora ottimistica, dunque, se si tiene conto che all`inizio della settimana l`Ocse ha nuovamente aggiornato le sue previsioni attribuendo all`Italia un calo del 4,3% del Pil 2009, destinato a retrocedere di un ulteriore 0,4% l`anno prossimo.
L`anno scorso, con l`entrata in vigore degli ultimi interventi in materia previdenziale (le leggi 127 e 247 del 2007) a far crescere la spesa per pensioni è stata la nuova indicizzazione degli assegni alla dinamica dei prezzi (pari all`1,6%), seguita dalla revisione dei requisiti di accesso al pensionamento di anzianità, le nuove possibilità di ricostituzione e i pagamenti una tantum legati alle modifiche delle quote di arretrati.

L`incremento complessivo, secondo la Ragioneria, è rimasto in linea con i tassi di variazione registrati tra il 2000 e il 2007. Ma la transizione, ancora lunga, verso il pieno regime contributivo può rivelarsi molto impegnativa.

Entro il 2013, data di entrata a regime dei requisiti minimi di età e anzianità contributiva previsti dal Protocollo Welfare (62 e 35 per i dipendenti, 63 per gli autonomi; ovvero le quote date dalle somme dei due requisiti a 97 e 98), il rapporto tra spesa pubblica per pensioni e prodotto interno, al netto delle indicizzazioni, sarebbe stabilizzato solo in un contesto di crescita economica reale dell`1,8% annuo.
Insomma, anche scommettendo su una ritrovata via di moderato sviluppo dell`economia nazionale, quanti insistono sulla necessità di un nuovo intervento di riforma delle pensioni trovano in queste proiezioni qualche giustificazione.

Nel più lungo periodo (2010-2060) la curva torna ad assumere la forma prevista dall`entrata in vigore delle grandi riforme degli anni Novanta. Sulla base delle ipotesi demografiche e macroeconomiche del cosiddetto «scenario nazionale base», vale a dire una crescita media annua del Pil dell`1,5%, un livello di speranza di vita ulteriormente incrementato (nel 2050 per le donne si attesterebbe a 89,5 anni e per gli uomini a 84,5) e un flusso migratorio in aumento di 50mila arrivi (a quota 200mila l`anno), la spesa si attesterebbe attorno al 15% tra il 2020 e il 2024, per poi tornare a salire fino al 15,5% del Pil attorno al 2038 e finalmente scendere tra il 14 e il 13% nella parte finale degli anni per cui vale la stima.
Nel suo rapporto la Ragioneria dedica ovviamente un`attenzione molto particolare ai coefficienti di trasformazione, che entreranno in vigore il prossimo mese di gennaio per essere poi aggiornati ogni tre anni con una procedura amministrativa semplificata sulla base dell`evoluzione delle speranze di vita.

Questi parametri sui cui è basato il calcolo per la trasformazione del montante contributivo in rendita, giocano un ruolo decisivo nella stabilizzazione della spesa già nei prossimi anni.
Per non lasciare alcun spazio ai dubbi interpretativi, i tecnici offrono al legislatore e ai policy makers pensionistici due scenari: quello tracciato a normativa vigente, vale a dire con i nuovi coefficienti triennalizzati, e quello a normativa variata, vale a dire in assenza di revisione.
Nel secondo caso il peggioramento del rapporto tra spesa per pensioni e Pil sarebbe sensibile, pari a 2,7 punti percentuali alla fine del periodo di stima, per arrivare a superare il 17,5% negli anni `40 del secolo, ben 5 punti oltre le medie Ue-15 calcolate dal Comitato di politica economica del Consiglio Ecofin.
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Fonte: Il Sole 24 Ore





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