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"Contro la Crisi servono i consumi!"

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Contro la Crisi servono i consumi 0
La crisi finanziaria, almeno nel nostro Paese, sta rilasciando effetti contrastanti e sorprendenti. Ci si aspettava, ad esempio, un crollo dei consumi, ma il week-end recente ha visto lunghe code di sciatori agli impianti di risalita in montagna e i primi dati sui consumi segnalano l`aumento dei viaggi organizzati, l`assalto ai più recenti gioielli commerciali dell`hi-tech. Dall`altro canto, la crisi finanziaria sta contagiando l`economia reale con virulenza.
Si perdono migliaia di posti di lavoro, di conseguenza si impenna la Cig, si riduce la capacità di assunzione da parte delle imprese. Lo spettro della perdita di lavoro in Italia appare anche più insidioso per la mancata riforma degli ammortizzatori sociali (di cui tuttavia il Governo prevede un`estensione dal 2009) e per un debito pubblico da record che toglie ossigeno all`azione welfaristica dello Stato. Non solo i minimi dei titoli in Borsa, ma anche i dati sulla recente "gelata" della produzione industriale ci confermano la gravità della situazione, che si diffonderà molto presto dalle nostre grandi imprese a quel capitalismo popolare di Pmi che ha reso l`Italia uno dei maggiori Paesi industriali al mondo.

Eppure questo week-end ci lascia la sensazione che la paura, che nei mesi scorsi incombeva ossessivamente su un Paese triste e sconsolato, si sia dissolta e abbia lasciato il posto a una percezione quasi escatologica della crisi, con una società che sembra non voler rinunciare al suo edonismo consumista, a dispetto della realtà allarmante raccontata dai media. Chi prevedeva un prolungamento delle paure sociali con drastiche riduzioni dei consumi, per ora sembra smentito.

Il dubbio è che si tratti di un fuoco di paglia, di una reazione emotiva del cittadino consumatore, che invitato a rimanere il più possibile liquido, ha ceduto a un pragmatico carpe diem, una mentalità tutt`altro che estranea ai geni caratteriali italioti. Non a caso il premier – come ha ricordato anche ieri – punta tutto sul consumatore come protagonista della fuoriuscita dalla crisi. La previsione di tempi peggiori spingerebbe l`italiano a far incetta di ciò che forse non potrà più permettersi il prossimo anno. Questa percezione della crisi che spingerebbe a cogliere l`attimo fuggente prima della tempesta, sarebbe però concessa solo a una parte dei cittadini italiani: ai ceti sociali medi e medio-alti e agli italiani che non subiscono effetti in presa diretta con la crisi finanziaria.

La bassa marea della crisi rischia di lasciare in secca i pesci e le barche più piccoli (sia persone che imprese), mentre quelli più grandi trovano modo di riprendere il largo e galleggiare. Sia ben inteso: l`ascensore sociale della crisi sta scendendo per tutti (con gravi ridimensionamenti anche per il top), ma è ovvio che si verifichino comportamenti assai differenziati. Di conseguenza, più che un fuoco di paglia, la persistenza consumista si spiegherebbe con le fratture sociali che in Italia abbondano e, al tempo stesso, attesterebbe la tenuta del nostro ceto medio, almeno per ora.

Certo il ceto medio italiano non è stato colpito direttamente nelle sue pensioni e nei suoi risparmi come negli Usa, cuore della crisi finanziaria, ma sarebbe illusorio escludere che ciò possa presto avvenire, come sarebbe sbagliato ritenere che questa fenomenologia da ultimo bagno nel consumismo possa infrangere il muro del pessimismo e la conseguente paura di cadere. La paura c`è ed è diffusa soprattutto tra gli strati già in bolletta e a disagio. La gente può superare questi timori solo se le classi dirigenti l`aiuteranno a gestirli, mostrando come la crisi possa rivelarsi un`opportunità per cambiare ciò che in passato abbiamo troppo trascurato o sbagliato.

Ad esempio, la crisi ci potrebbe consentire di accorciare i nostri ritardi dall`Europa continentale. Essa, tra i Paesi, è come la safety car in Formula 1: a causa di condizioni avverse, scende in pista annullando gli intervalli di svantaggio tra le vetture e ci invoglia a recuperare ulteriormente nel prossimo giro, a investire su un percorso di sviluppo maggiormente basato su ricerca e settori tecnologicamente meno maturi. Persino le disuguaglianze tra gruppi sociali potrebbero ridursi (ma al ribasso).

Queste opportunità però possono essere colte da una classe dirigente che ne sia consapevole e che predisponga misure per realizzare questa visione. Comunque, va lasciata fuori dalla porta l`idea che questi ultimi 20-30 anni siano passati invano: la metamorfosi della società, come la chiamano Morin e De Rita, è in marcia da lungo tempo. Ora è anche il momento dei possibili ravvedimenti sugli eccessi consumistici, ma nessuno può pensare che la nostra società o la nostra economia possano in futuro minimizzare ciò che consente (a partire dalla finanza) di valorizzare la nostra produzione materiale e immateriale e di sostenere un modello di consumi di qualità attraverso prestiti a tassi agevolati e dilazione dei mutui.
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Fonte: Il Sole 24 Ore




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