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Mercato Borse: Il sogno Tradito!"

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Eppure Borsa italiana il partner se l`era scelto dopo una selezione durata anni. Al London Stock Exchange è arrivata dopo aver tentato diverse combinazioni in Europa ed aver esplorato opzioni alternative, tornando sostanzialmente al "primo amore", quell`iX in versione ridimensionata che originariamente, oltre le Borse di Londra e Milano, doveva riunire sotto lo stesso tetto anche Francoforte e Madrid.
Quando la società-mercato guidata da Massimo Capuano è arrivata al dunque, ha avuto vita facile: Londra aveva bisogno di Piazza Affari per sfuggire alle avance indesiderate del Nasdaq Usa. E così Borsa italiana era riuscita a strappare una proposta che la valorizzava al massimo. Anzitutto economicamente: 1,6 miliardi di euro, ben al di sopra del range ipotizzato per l`Ipo (e più di quanto capitalizzi oggi sul mercato l`entità combinata). Ma soprattutto sotto il profilo della rappresentatività – con cinque consiglieri su 11 nel board della holding comune – che assegnava a Milano un peso quasi pari a quello di Londra. Appunto, quasi: è qui il dettaglio. In questi giorni, quando si è trattato di scegliere chi avrebbe dovuto guidare la Super-Borsa dopo Clara Furse, il dettaglio ha tirato un brutto scherzo, spezzando le ambizioni italiane di timonare la corazzata dopo aver condotto in porto, in anticipo sui tempi, l`integrazione.
Il comitato nomine che doveva vagliare le candidature per la posizione di amministratore delegato ha finito per spaccarsi tre a due. Da una parte i tre consiglieri espressi dall`Lse, a favore della candidatura esterna. Dall`altra i due consiglieri espressi da Borsa italiana, Angelo Tantazzi e Paolo Scaroni, a favore della candidatura interna (che trovava anche il sostegno di Consob e Banca d`Italia). La scelta del board alla fine è caduta su Xavier Rolet, l`ex capo della Lehman Bros in Francia che per vent`anni era stato l`interfaccia delle Borse come corporate broker. Rolet è stato preferito a Massimo Capuano, l`ad di Borsa italiana a cui era stato assegnato il compito di implementare l`integrazione con Londra.
Niente di male: ha prevalso la soluzione meno tradizionale e di "rottura" rispetto a quella dell`esperienza e della continuità. Ma l`iter che ha portato a quest`esito ha messo in luce il piccolo dettaglio di governance che alla vigilia delle nozze era stato trascurato. A Londra cioè chi ha più voti comanda e la minoranza, per quanto nutrita, se non è tutelata dai quorum qualificati, resta minoranza.
Tanto più nel caso specifico, dove anche il vantaggio di aver spuntato una valorizzazione economica favorevole, a distanza di tempo si è rivelato un boomerang. La defezione dei soci di Borsa italiana, infatti, è iniziata quasi subito. Pochi mesi dopo la fusione, Mps, pressato dall`esigenza di far cassa per l`onerosa acquisizione di Antonveneta, ha liquidato sul mercato quasi tutta la sua quota che incorporava, come per tutti, laute plusvalenze. E, a seguire, hanno più che dimezzato la loro partecipazione Banca Sella, Intermobiliare e Finnat, mentre il Credem è uscito del tutto. Alla fine hanno resistito sulla posizione iniziale solo i due soci rappresentati in consiglio, e cioè UniCredit e Banca Intesa. Ma dietro di loro il deserto: tant`è che dall`iniziale nucleo, forte del 28,3%, l`azionariato italiano si è frantumato intorno al 18 per cento. E pensare che le banche italiane, quando il Nasdaq ha deciso di arrendersi, avrebbero potuto rilevarne la quota salendo a oltre il 51% del listino della City. «Da noi sono vietate le azioni di concerto», aveva intimato Clara Furse, la manager canadese che era alla guida dell`Lse, preferendo che a rafforzarsi nel capitale della holding fossero la Borsa del Dubai e il fondo sovrano del Qatar. Qualcosa poi deve essere andato storto, perché l`idillio si è rotto e il Qatar, pur essendo tra i maggiori azionisti della casa comune di Londra e Milano, si è fatto consigliare dai rivali di Nyse-Euronext per sviluppare il proprio listino.
Per Borsa italiana sarebbe andata meglio con Euronext? Resta il rammarico delle autorità monetarie Ue che sponsorizzavano la nascita della maxi-Borsa dell`euro nell`ambito di un progetto federativo, ma dopo che il listino paneuropeo guidato da Parigi ha scelto di unirsi con New York, Borsa italiana sarebbe stata solo l`ultimo anello di una catena comunque dominata, a maggioranza semplice, dagli americani. Tant`è che quando Jonh Thain ha lasciato il Nyse per traslocare a Merrill Lynch, il testimone è passato al suo vice americano, senza peraltro riuscire a mettere insieme con profitto i pezzi della pionieristica combinazione transatlantica: finora, come dimostrano gli ultimi rovinosi conti, sono stati più gli oneri delle sinergie.
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Fonte: Il Sole 24 Ore




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