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"La Stretta Relazione tra Azioni ed Obbligazioni!"

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Mettendo a confronto il grafico del Bund future, il derivato sul titolo di stato decennale tedesco, e quello dell`indice azionario Eurostoxx 50, anche un osservatore distratto noterebbe un andamento sostanzialmente speculare, almeno negli ultimi 10 anni circa, con l`eccezione del biennio 2003-2004. Questa evidenza, anche se solo qualitativa, viene resa ancora più chiara invertendo la scala relativa al future obbligazionario, in questo modo è facile realizzare come la borsa tenda ad apprezzarsi in presenza di prezzi al ribasso, e quindi di rendimenti in crescita, da parte del Bund e viceversa tenda a flettere quando le quotazioni dei titoli governativi salgono ed i rendimenti scendono.
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Il fatto che il Bund future abbia toccato recentemente nuovi massimi storici in area 124,50 è quindi un indizio preoccupante per chi investe in azioni: se la relazione di fondo tra i due mercati, che sembrano essere uniti da vasi comunicanti, per cui i flussi in uscita da uno dirigono sull`altro e viceversa, verrà rispettata anche in futuro, ad un segnale graficamente positivo per i prezzi delle obbligazioni rischia di corrisponderne uno negativo per le azioni.
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Ma è ragionevole pensare che le quotazioni del Bund possano spingersi ancora al rialzo con una contestuale ulteriore compressione dei rendimenti? Oppure i livelli di prezzo raggiunti, che rappresentano, ricordiamo, i massimi di sempre, sono da considerare la fine di un ciclo, l`ultima ondata rialzista prima di una inversione? Il dubbio, o meglio, in base a quanto ipotizzato riguardo le correlazioni tra i diversi mercati, la speranza dal punto di vista dell`investitore in azioni, che il trend al rialzo del Bund sia ormai alle battute conclusive è lecito, motivato dai dati macro di recente uscita che mostrano come sia ormai scontata la fine della fase di contrazione del Pil nei principali paesi. Negli Usa, il paese al quale tutti gli altri guardano per capire quale potrà essere l`evoluzione dell`economia globale, la revisione del Pil del quarto trimestre del 2009 ha messo in evidenza una crescita del 5,9% sul precedente, la più forte da sei anni a questa parte. Per non parlare poi della Cina, la cui crescita è cosi rapida che da più parti si inizia a parlare di una nuova bolla "in fieri" che dal comparto immobiliare potrebbe poi tracimare sugli altri settori. Secondo l`analisi intermarket, quella che studia l`evoluzione delle diverse classi di strumenti finanziari in base all`andamento del ciclo economico, l`avvio di una nuova fase di crescita dopo una recessione è infatti più favorevole ai mercati azionari che a quelli obbligazionari. Quando il ciclo riparte le aspettative sui tassi di interesse si modificano infatti in favore di un loro futuro rialzo, mettendo sotto pressione le quotazioni dei bond. Il paventato aumento del costo del denaro non danneggia invece i corsi dei titoli azionari: le prospettive di aumento della domanda di beni e servizi, e quindi delle vendite, viene vista come una opportunità per quelle aziende che sono sopravvissute alla crisi ristrutturandosi e migliorando quindi la propria efficienza. Un chiaro segnale di quale sia la direzione futura dei tassi di interesse lo ha fornito di recente la banca centrale australiana, intervenuta per la quarta volta in pochi mesi alzando il costo del denaro di 25 punti base fino a portarlo al 4%. E non è finita qui, i mercati si attendono ulteriori manovre restrittive nei prossimi mesi. Secondo il governatore dell?istituto centrale Glenn Stevens l`economia cresce sui livelli ottimali, inimmaginabili solo un anno fa, l?inflazione è prossima ai target e di conseguenza anche i tassi di interesse devono adeguarsi. Secondo Stevens la giusta forchetta verso la quale tendono i tassi è quella compresa tra il 4,25% ed il 4,7%, quindi il percorso al rialzo non è ancora compiuto. L`economia australiana è pesantemente legata all?andamento delle materie prime, e viene quindi considerata un buon anticipatore del ciclo economico mondiale. A meno di shock imprevisti che blocchino la ripresa imponendo un nuovo periodo di contrazione all`economia globale, il temuto "double dip", la strada intrapresa dall`Australia verrà seguita anche dagli altri paesi. I tassi nelle nazioni più ricche sono ora nell`ordine dell`1%, difficile quindi immaginare una loro ulteriore compressione, mentre la prospettiva di una risalita, a partire da un tempo non troppo distante dall`attuale, appare sempre più credibile. Del resto il grafico del future sul bond decennale Usa racconta una storia leggermente diversa rispetto a quello del Bund: nel caso del future Usa i massimi storici, toccati in area 128,50 a fine 2008, sono lontani e sul grafico è visibile una sorta di ampio testa spalle ribassista, disegnato a partire dal picco di marzo 2008. Il completamento di questa figura avverrebbe con la violazione del supporto di area 114,5 e segnerebbe la fine dell`uptrend disegnato dai minimi del 2007. La differenza di comportamento tra i titoli europei e quelli Usa è spiegabile con le tensioni introdotte nella Ue dalle difficoltà di bilancio della Grecia e di altri paesi periferici. Gli investitori si sono spostati sul Bund considerandolo l`asset più sicuro sul panorama europeo facendone salire le quotazioni. Negli Usa, in assenza di questi elementi distorsivi, il differenziale tra i titoli a breve scadenza ed il decennale si è aperto in favore di quest`ultimo: il mercato sta scontando tassi a lungo termine più elevati, un comportamento compatibile con l`ipotesi di ripresa economica. Per l`investitore la cosa importante in questo momento non è tuttavia stabilire se i tassi saliranno o meno, cosa che appare ormai scontata, quanto indovinare la giusta tempistica con cui lo faranno per poter alleggerire la componente obbligazionaria del proprio portafoglio, riducendola sia come peso sia come durata residua dei titoli, ed incrementare quella azionaria. E per il momento, con il Bund future sui massimi storici, l`attuazione di una strategia di questo tipo appare prematuro. Ma quando potrebbero iniziare a cambiare le cose? Il quadro grafico del benchmark obbligazionario europeo appare per fortuna relativamente di facile lettura: i prezzi si muovono al rialzo dai minimi di giugno 2009 contenuti da un canale la cui base, in area 122,50, praticamente coincide con la media mobile a 100 giorni. Se da un lato quindi fino a che area 122,50 fungerà da supporto il target per il derivato tedesco si colloca in area 126,50, sul limite superiore del canale, dall`altro la violazione di 122,50 potrebbe rappresentare un punto di svolta rilevante, l`interruzione della fase rialzista che ha dominato gli ultimi 9 mesi di mercato. Segnali analoghi verrebbero come detto con il decennale Usa al di sotto di area 114,50. Sarebbe la violazione di questi supporti ad inviare un segnale di conferma di un avvenuto passaggio di testimone dai bond alle azioni a conferma della capacità della ripresa economia di camminare speditamente. Il quadro dipinto dall`analisi intermarket partendo dallo studio dei mercati obbligazionari è quindi di una fase di transizione, dove le premesse in favore di una uscita dalla crisi sono presenti ma non si sono ancora manifestate in concreto con tutta la loro forza. In attesa di segnali chiarificatori da parte dei mercati obbligazionari la borsa potrebbe proseguire nella fase sostanzialmente laterale disegnata negli ultimi mesi, o addirittura subire una ulteriore flessione. Sarà il superamento dei massimi di inizio gennaio, relativamente vicini per gli indici Usa, ancora distanti invece per quelli europei, a permettere di guardare con maggiore fiducia al futuro delle azioni ed segnalare quindi al risparmiatore che è nuovamente il momento di espandere la componente azionaria del portafoglio. Fino ad allora privilegiare la liquidità appare il suggerimento che meglio si adatta alla attuale condizione dei mercati.
Ciò potrebbe portare ad un aumento della domanda di consumi con una maggior domanda di mutui e prestiti al consumo e mutui e prestiti per l'acquisto della prima casa.
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Fonte: Tiscali




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