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Quanto i mercati siano concentrati in questa fase a recepire segnali che possano confermare l`uscita dalla recessione lo testimonia il pesante sell-off cui sono andati incontro gli indici il 28 ottobre a seguito della diffusione della notizia che gli analisti di Goldman Sachs avevano stimato una crescita del Pil statunitense per il terzo trimestre del 2,7%) inferiore a quanto atteso fino a quel momento dal mercato. La previsione si è rivelata poi errata, almeno rispetto alla prima stima resa nota dal Dipartimento del Commercio Usa che ha calcolato un incremento del Pil pari al 3,5% (tasso annualizzato) per il terzo quarto dell`anno in corso, ed infatti le borse hanno messo a segno un rimbalzo che ha praticamente cancellato in una sola sedute le perdite accusate nella precedente, salvo poi ridiscendere nuovamente.
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La notizia del ritorno alla crescita da parte dell`economia Usa è stato curiosamente festeggiato in corrispondenza di un altro anniversario, quello dell`ottantesimo anno dell`origine del crash del 1929, una coincidenza che i mercati potrebbero cogliere come un buon auspicio, un modo per fare pace con il passato. Del resto la crisi iniziata nel 2007 è stata accostata più volte con quella del 1929, il cui spettro aleggia evidentemente ancora sui mercati finanziari nonostante l`enorme distanza, in termini di strumenti, strutture e volumi, che li separa da quei tempi. Ed in molti evidenziano le analogie, anche a livello grafico, tra il comportamento degli indici allora ed adesso. Se la storia si ripetesse uguale, dopo il rimbalzo degli ultimi mesi, il mercato sarebbe destinato ad un nuovo tonfo, che potrebbe portarlo anche al di sotto dei precedenti record negativi.
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Il rialzo visto nel 1930 riportò infatti le quotazioni poco al di sotto dei massimi del 1929 con un balzo del 50% circa dai minimi, fintanto che una brusca inversione non cancellò completamente i guadagni facendo scendere il Dow Jones fino a perdere quasi il 90% dai precedenti massimi. Il ritorno sui massimi storici avvenne solo quasi un quarto di secolo dopo, una volta terminata la Seconda Guerra Mondiale. Difficile credere tuttavia che gli sforzi di tutti i principali governi del pianeta non riescano a cambiare il finale della storia, permettendo la realizzazione di una ripresa che, seppure probabilmente debole nelle sue fasi iniziali, sia in grado di proseguire senza preoccupanti interruzioni. Tale opinione è condivisa dal commissario europeo per gli Affari economici, Joaquin Almunia, secondo il quale l`Unione europea sta uscendo dalla recessione. Anche dall`analisi intermarket provengono indicazioni confortanti: il dollar index ad esempio, paniere che delle principali valute calcolato nei confronti del dollaro Usa, ha recentemente violato un importante supporto, i minimi di dicembre 2008 a 77,70 circa, e sembra destinato a proseguire la sua corsa al ribasso (scende dal top di marzo a 89,50) fino ad intercettare almeno i minimi di inizio 2008 a 70,50 circa.
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Negli ultimi anni una condizione di debolezza della moneta americana si è sempre accompagnata ad una fase positiva o neutrale per le borse, quindi le attese di ribasso per il dollaro sono un elemento positivo per i mercati azionari. Considerazioni analoghe le si possono fare per l`indice delle commodities, il Crb, che recentemente ha superato la forte resistenza di area 265 accelerando al rialzo dopo la rottura e creando quindi i presupposti per il proseguimento dell`ascesa. Difficile immaginare una evoluzione rialzista per le merci senza che anche le borse rispondano positivamente. E` comunque vero che la contentezza per il ritorno alla crescita degli Usa, amplificata dal realizzare che questo dato preliminare va oltre le più rosee aspettative (che erano del 3,2% circa), rischia di non durare: innanzitutto il terzo trimestre è ormai alle spalle, e si sa che i mercati finanziari ragionano più sulle aspettative che sulla storia, poi c`è una consapevolezza diffusa che il risultato positivo è stato ottenuto grazie agli stimoli eccezionali forniti all`economia dal governo. E` insomma ben lontano il momento in cui il processo virtuoso di crescita potrà alimentarsi da se. E questo nonostante i consumi privati, che rappresentano il 70% circa del prodotto interno lordo, siano cresciuti nel trimestre del 2,8% e gli investimenti nell`edilizia residenziale siano aumentati del 23%, portando per la prima volta in quattro anni un contributo positivo al calcolo del Pil. Tali risultati sono stati infatti raggiunti grazie agli interventi straordinari del governo Usa, come ad esempio quello degli incentivi sulla rottamazione delle auto, terminato ad agosto (non è un caso che la spesa per consumi a settembre sia tornata negativa dello 0,5%).
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Nell`ipotesi che l`amministrazione Obama possa continuare a trovare le risorse per sostenere l`economia si profila poi un`altra grande sfida all`orizzonte, ovvero gestire la dismissione graduale di queste misure straordinarie, la cosiddetta "exit strategy" con i tempi giusti per evitare un brusco aumento dell`inflazione o il ripiombare dell`economia nella fase recessiva.
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Nel terzo trimestre l`indice "core" dei prezzi al consumo (quello depurato dagli elementi più volatili come il cibo e l`energia) è cresciuto dell`1,4%, in linea con le attese, mentre i consumi personali, e questo è un elemento cruciale, sono cresciuti del 3,4%, su livelli superiori alle attese pari ad un incremento del 3,1%. E` tuttavia sicuramente prematuro affermare che l`economia Usa abbia riguadagnato un sentiero di crescita stabile: nel 2008 l`economia si è contratta del 2,3%, nel primo trimestre del 2009 del 6,4%, nel secondo dello 0,7%. Il ritorno alla crescita è quindi un fattore incoraggiante ma, soprattutto in presenza di un tasso di disoccupazione elevato, ai massimi degli ultimi 26 anni, e destinato con buona probabilità ad aumentare (è passato dal 7,6% di gennaio al 9,8% di settembre e potrebbe superare il 10% nella prima parte del 2010), sarebbe azzardato scommettere sull`assenza di ostacoli sul cammino della ripresa. Sarà quindi interessante valutare, oltre alle revisioni dell`ultimo dato, se effettivamente anche il quarto trimestre dell`anno si concluderà con un tasso di crescita simile a quello atteso, nell`ordine del +2,4%. Un risultato di questo tipo permetterebbe di iniziare a dichiarare lo scampato pericolo, anche se andrebbe poi confrontato con il tasso medio di crescita dell`economia Usa nell`ultimo mezzo secolo, che è stato del 3,5% circa, per rendersi conto che, almeno inizialmente, l`economia non andrà a passo di corsa. Insomma, le incognite restano molte. Il direttore generale dell`Fmi, Dominique Strauss-Kahn, ha dichiarato che ci sono buone notizie ma che la crisi non è finita e che quindi le politiche di sostegno all`economia non vanno ancora abbandonate. In caso contrario ""il rischio di una crisi a W è possibile". Della stessa idea anche il governatore della Banca d?Italia, Mario Draghi, secondo il quale la caduta delle principali economie si è fermata ma i dubbi sulla stabilità della ripresa rimangono. In Italia in particolare le imprese nel sondaggio di settembre effettuato da Banca d`Itala non danno indicazioni di una robusta inversione di tendenza sul fronte degli investimenti. Questo, unitamente alla fragilità del mercato del lavoro, dove sono stati persi in un anno, da settembre 2008, 650 mila posti, è un monito a non abbassare la guardia. In Europa come negli Usa, si pone quindi il problema della uscita dalla fase delle manovre straordinarie e della disponibilità delle risorse per mantenerle in atto per il tempo necessario.
Ciò potrebbe portare ad un aumento della domanda di consumi con una maggior domanda di mutui e prestiti al consumo e mutui e prestiti per l`acquisto della prima casa.
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Fonte: Tiscali