Amore e psiche



Amore e Psiche



CAPITOLO III

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CAPITOLO III 0
La solitudine di Psiche e il vaticinio dell`oracolo.


XXXII "Ma intanto Psiche, bellissima com'era, non ricavava alcun frutto dalla sua grazia. Tutti la ammiravano, la lodavano, e pure non un re, non un principe, nemmeno un plebeo veniva a chiederla in sposa. Restavano lì a contemplare quelle divine sembianze come si ammira una statua di suprema fattura. "Un giorno le due sorelle più grandi, la cui bellezza, modesta, era passata inosservata al gran pubblico, si fidanzarono con principi del sangue e celebrarono nozze felici mentre Psiche, rimasta vergine, sola nella vuota casa, piangeva il suo triste abbandono e sofferente e intristita finì per odiare la sua stessa bellezza che pure tutti ammiravano. "E così l'infelice padre della sventurata fanciulla, temendo una maledizione celeste e la collera degli dei, interrogò l'antichissimo oracolo del dio Milesio e con preghiere e con vittime chiese a questa potente divinità per la vergine negletta nozze e marito. E Apollo, benché greco e ionico, per compiacere l'autore di questo romanzo, gli rispose in latino così:
XXXIII "Come a nozze di morte vesti la tua fanciulla ed esponila o re su un'alta cima brulla non aspettarti un genero da umana stirpe nato ma un feroce, terribile, malvagio drago alato che volando per l'aria ogni cosa funesta e col ferro e col fuoco ogni essere molesta. Giove stesso lo teme, treman gli dei di lui, orrore ne hanno i fiumi d'Averno e i regni bui. "Il re che un tempo era stato felice, sentito il sacro responso, fece ritorno a casa coll'animo colmo di tristezza e riferì alla moglie i comandi del funesto oracolo. Per più giorni non fecero che piangere, gemere, lamentarsi.



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