Amore e psiche



Amore e Psiche



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La favola di Amore e Psiche costituisce il nucleo più rappresentativo delle METAMORFOSI o L`ASINO D`ORO di Apuleio, al cui interno accupa un posto del tutto autonomo. Conosciuta come testo allegorico erotico religioso è divenuta nel tempo un simbolo di immortalità e di mistica unione dell`anima con la divinità. Il testo è stato suddiviso per comodità in 24 capitoli, ma all`interno conserva la struttura originaria che l`autore gli ha dato.

XXVIII "C'era una volta in una città un re e una regina, che avevano tre bellissime figlie, le due più grandi, per quanto molto belle, potevano essere degnamente celebrate con lodi umane, ma la bellezza della più giovane era così straordinaria e così incomparabile che qualsiasi parola umana si rivelava insufficiente a descriverla e tanto meno a esaltarla. "Insomma sia quelli della città che i forestieri, attratti in gran numero dalla fama di tanto prodigio, restavano attoniti dinanzi a un simile miracolo di bellezza: portavano la mano destra alle labbra, accostavano l'indice al pollice e la adoravano con religioso rispetto come se fosse stata Venere in persona. * "Anzi nelle vicine città e nelle terre confinanti si era sparsa la voce che la dea nata dai profondi abissi del mare e allevata dalla spuma dei flutti, volendo elargire la grazia della sua divina presenza, era discesa fra gli uomini o anche che da un nuovo seme di stille celesti non il mare ma la terra aveva sbocciato un'altra Venere, anch'essa bellissima, nella sua grazia virginale.
XXIX "Di giorno in giorno una simile credenza si rafforzava sempre più e la voce cominciò a diffondersi nelle isole vicine e poi più lontano in molte regioni del continente. "Folle di pellegrini sempre più numerose facevano lunghi viaggi, attraversavano mari profondi per vedere quella straordinaria meraviglia del secolo. "Nessuno andava più a Pafo o a Cnido o a Citera per visitare i santuari di Venere; alla dea non si facevano più sacrifici, i suoi templi erano lasciati nell'abbandono, i suoi sacri cuscini calpestati *, le cerimonie trascurate, le sue statue restavano disadorne, vuoti i suoi altari e ingombri di cenere spenta. "Alla fanciulla si innalzavano preghiere, e si placava il nume di una dea potente come Venere adorando un volto umano. Al mattino, quando la vergine usciva, a lei si apprestavano vittime e banchetti invocando il nome di Venere assente e, quando passava per via, il popolo le si affollava supplice intorno con fiori e ghirlande. "Questo eccessivo tributo di onori divini a una fanciulla mortale suscitò lo sdegno violento della Venere vera che, scuotendo fieramente il capo e malcelando la collera, così cominciò a ragionare:



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