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"La Vitamina E Allunga la Vita delle Protesi!"

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La vitamina E allunga la vita, anche quella delle protesi.


La vitamina E previene non solo la vecchiaia del corpo, ma anche quella dei suoi pezzi di ricambio, come le protesi ortopediche, allungandone la vita del 750 per cento. La scoperta, che ha l`obiettivo di evitare dolorosi e costosi interventi di sostituzione delle protesi, sarà presentata al Quarto congresso internazionale sull`Ultra high molecular weight polyethylene, che si terrà dal 16 al 18 settembre al CTO torinese.Le protesi ortopediche (anca, caviglia, ginocchio, spalla), sono formate dal più semplice dei polimeri sintetici, il polietilene - la più comune fra le materie plastiche - soggetto, talvolta, a un deterioramento precoce che compromette il risultato dell`intervento chirurgico, rendendone necessaria la sostituzione. La degenerazione di questa resina termoplastica (il polietilene), dipende, in particolare, dalla sterilizzazione con i raggi gamma. Questi però provocano l`ossidazione del materiale e la degenerazione precoce delle protesi.Ecco perché entra in scena la vitamina E. Si è pensato di verificare se le proprietà antinvecchiamento della vitamina E (miscelata al polietilene), potessero funzionare anche sui biomateriali. Questi i risultati delle analisi condotte nel laboratorio sui materiali polimerici dell`Università di Torino diretto dal professor Luigi Costa: il polietilene sterilizzato con raggi gamma dura 200 ore e poi invecchia (si degrada), quello sterilizzato con raggi gamma, ma poi trattato con l`"iniezione" dello 0,1 per cento di vitamina E, dura 1500 ore e poi si degrada. I test hanno dunque dimostrato che la vitamina E ha effetto anti-invecchiamento anche su un materiale sintetico come il polietilene, allungandogli la vita del 750 per cento.Tutto è cominciato nei primi anni Novanta a Torino, quando gli ortopedici della I Clinica Universitaria dell`Azienda Ospedaliera Cto hanno scoperto che alcune protesi d`anca (ma non tutte), dopo pochissimi anni dall`impianto, si degradavano. Una volta espiantato, il polietilene di quelle protesi usurate fu portato dalla professoressa Elena Brach del Prever al professore di Chimica industriale e materiali polimerici, Luigi Costa. Fu così che fu dimostrata la pericolosità del polietilene come biomateriale.I ricercatori scoprirono che la sterilizzazione con radiazioni ionizzanti in presenza di ossigeno provocava l`ossidazione del materiale e il suo deterioramento. I clinici ortopedici torinesi diretti dal professor Paolo Gallinaro ottennero, nel 1996, la pubblicazione del loro studio sulla rivista Biomaterials. Ma nonostante anche altre segnalazioni successive si continuò per anni a produrre e impiantare protesi con un polietilene ad alto rischio di degradazione, pur conoscendone i rischi. Sette anni dopo un nuovo capitolo con la gara di appalto del 2003 con la quale l`Aso Cto-Maria Adelaide invita 19 industrie internazionali (6 italiane, 8 europee e 5 statunitensi), a fornire all`azienda sanitaria ospedaliera, sede di università, protesi ortopediche pronte per l`impianto.Il bando si conclude con un risultato shock: su 100 campioni presentati, la maggior parte è scartata. Il polietilene risulta ossidato o di peso molecolare di gran lunga inferiore ai valori standard. In Italia, nel 2005 il ministero della Salute ha emanato una "raccomandazione" a non usare protesi sterilizzate con raggi gamma in presenza di ossigeno e a prestare massima attenzione al confezionamento e allo stoccaggio di polietilene sterilizzato con raggi gamma. Quindi il ministero sconsiglia anche l`impianto di protesi così sterilizzate più vecchie di 5 anni. La proposta che arriva dagli esperti è quella di istituire un registro nazionale per potere valutare così la sicurezza e l`efficacia di ogni protesi, confrontando dati ancora insistenti.
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Fonte: Tiscali





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